L’economia sospesa tra dazi e demografia: l’Italia nel nuovo equilibrio globale
di Redazione
12/11/2025
Europa rallenta: tra protezionismo, debito e transizione verde
La ripresa globale, che sembrava consolidarsi all’inizio del 2024, ha progressivamente perso forza. La spinta iniziale proveniente dagli Stati Uniti si è esaurita, mentre l’Europa si trova ora a misurarsi con il doppio fardello di protezionismo e valuta forte. I nuovi dazi americani e l’euro in ascesa — +13% sul dollaro da gennaio — hanno ridotto la competitività industriale del continente, senza ancora incidere sui prezzi ma logorando il sistema manifatturiero.
L’Italia registra un andamento più fragile della media europea: dopo un lieve rimbalzo invernale, il PIL si è contratto dello 0,1% nel secondo trimestre, con previsioni di stagnazione anche per il terzo. I report dell’Ufficio parlamentare di bilancio e di Confindustria convergono nel descrivere un quadro in chiaroscuro: industria in rallentamento, servizi in crescita contenuta, consumi penalizzati da incertezza e moneta forte.
Sul fronte della finanza pubblica, l’Eurostat segnala un deficit medio dell’eurozona al 3,1% del PIL e un debito in risalita all’88,2%. Indicatori che riducono gli spazi di manovra di fronte a eventuali shock. All’orizzonte si aggiunge la sfida dell’Ets2, che dal 2027 estenderà il sistema di scambio delle emissioni al trasporto stradale, con un aumento stimato del 20% del prezzo del gasolio.
Italia tra bassa natalità e ritardo digitale: la crescita che manca
Se l’Europa combatte contro la fragilità congiunturale, l’Italia affronta un problema strutturale: l’invecchiamento demografico. Nel 2024 i nati sono stati meno di 370mila, minimo storico dall’Unità, e la fecondità è scesa a 1,18 figli per donna. Le proiezioni al 2050 prefigurano una drastica riduzione della popolazione attiva, con ripercussioni su produttività, pensioni e sostenibilità fiscale.
A questa tendenza si somma il declino dell’imprenditorialità giovanile: 200mila imprese under 35 scomparse in poco più di un decennio, secondo Confcommercio, con un impatto stimato sul PIL tra i 49 e i 65 miliardi di euro. Il rallentamento del ricambio generazionale priva il Paese di innovazione, rischio e vitalità economica.
Il terzo nodo riguarda il digitale. Solo il 58% delle aziende italiane adotta tecnologie avanzate, ma quelle che lo fanno registrano una produttività più alta del 12% e una propensione all’export quasi doppia. Il ritardo tecnologico, insieme alla perdita di capitale umano, frena la capacità del Paese di competere nella transizione digitale e verde.
Nel mosaico europeo, l’Italia resta così sospesa tra passato e futuro: un’economia che resiste, ma che per ritrovare slancio dovrà scommettere su innovazione, natalità e capitale umano, gli unici antidoti contro il declino demografico e la stagnazione industriale.
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