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Caporalato e lavoro grigio: dal Piemonte un’agenda operativa contro le filiere opache

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di Redazione

07/10/2025

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Due audizioni, una fotografia nitida: il caporalato non è un’anomalia del solo comparto agricolo, ma un metodo che si insinua dove le filiere si frammentano in appalti e subappalti opachi. La Commissione Legalità presieduta da Domenico Rossi ha ascoltato Cgil, Cisl, Uil e il sociologo Marco Omizzolo, costruendo un’agenda che intreccia ispezioni, governance degli appalti, abitare, lingua, tracciabilità. Il messaggio politico è chiaro: serve continuità, non interventi a sportello.

Filiere e responsabilità: dal cantiere al campo

Cgil (Poggio, Vair) ha insistito sulla responsabilità della catena degli appalti: senza regole e controlli, l’intermediazione illecita prolifera e il caporalato si “professionalizza”. Le leve indicate: rafforzare i centri per l’impiego pubblici, mappare e colpire le cooperative spurie, assicurare alloggi adeguati per i lavoratori stagionali, agganciando i contributi pubblici al rispetto dei contratti e dei minimi salariali. Cisl (Maccari, Capacchione) ha chiesto politiche stabili, osservatori territoriali operativi e un piano ispettivo con obiettivi chiari, oltre a un investimento serio sulla formazione linguistica dei migranti per ridurre vulnerabilità e ricatti. Uil (Lo Grasso, Cutrì, Battaglino, Anselmi) ha indicato tre priorità operative: case dignitose, scuola di italiano e pattugliamenti nei periodi di punta; la legge 199/2016 è ancora troppo poco applicata e in province come Asti e Alessandria resistono reclutamenti informali e alloggi indecorosi.

“Schiavitù” nel 2025 e agromafie: i dati che obbligano a decidere

Il contributo di Marco Omizzolo ha fissato un perimetro non eludibile: “Oggi in Italia circa 240mila persone vivono in condizioni di schiavitù, 100mila in più in dieci anni”. Turni fino a 15 ore, paghe inferiori ai contratti, controllo dei caporali e reti criminali che attraversano le filiere dell’agroindustria; le agromafie valgono oltre 25 miliardi di euro l’anno. La ricetta: attuazione effettiva e uniforme della legge 199/2016, rilancio della Rete del lavoro agricolo di qualità, censimento delle aziende non regolari e condizionalità rigorose su contributi e certificazioni di filiera.

Le domande dei consiglieri Fabio Isnardi (Pd), Gianna Gancia (Lega), Giulia Marro (Avs), Davide Zappalà (Fdi) e Monica Canalis (Pd) hanno incrociato la chiosa del presidente Rossi: “Dobbiamo passare da interventi progettuali a interventi strutturali ed eliminare le condizioni, anche normative, che generano sacche di sfruttamento”. Tradotto: più ispezioni e sanzioni efficaci, standard abitativi minimi per i lavoratori stagionali, regole stringenti per appalti e subappalti, formazione linguistica finanziata e tracciabilità dei rapporti di lavoro. La trasparenza delle filiere, dai capannoni alla campagna, diventa così la misura della qualità di un territorio.

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